giovedì 22 luglio 2010

Heineken Jammin' Festival. Venezia: al Parco sotto il palco.

All'HJF quest'anno eravamo in 10.
Avventura di due giorni fra fiumi di musica,
gocce
di pioggia e chicchi di grandine.
Al Parco San Giuliano, affacciato sulla laguna veneta,
di acqua se n'è vista parecchia.

Attesa come una benedizione dopo una canicola di rara intensità,
quella sera la pioggia l'abbiamo detestata tutti.
I Green Day avevano già annunciato il piacere di festeggiare
la loro festa nazionale (il 4 luglio) con un concerto in Italia.
Attesissimi da un pubblico di età molto variabile,
le temperature hanno iniziato a salire man mano che le band previste
si alternavo sul palco: dai Rise Against agli Editors fino ai 30" to Mars,
tutti non facevano che ricordare l'onore di precedere i Green Day.


Arriva la bufera.

La temperatura crolla in pochi secondi, 30 seconds, appunto.
Marina, di natura positiva, annuncia: "Sarà un temporale estivo".
Invece è stato un tifone tropicale.
La quantità d'acqua che si abbatte sulla folla accaldata è impressionante.
In modo rapido e senza appello ci fanno allontanare da palco e impalcature,
rimanendo tutti senza riparo in mezzo al nulla di un parco immenso.
Concerto annullato.

Inizia l'esodo.

Aver tenuto unito il gruppo (costituito in egual misura da minorenni e maggiorenni)
sotto quel diluvio e in balìa di quella folla,
è stata l'attività piuttosto complessa.
Scene di panico, piccoli malori, acqua a metà polpaccio,
navette soppresse, cellulari allagati, fulmini a pochi centimetri dal ponte
a guglie che chissaperché abbiamo imboccato,
oltre al freddo cane, hanno reso folkloristica la missione.
Mancavano solo Mosé e la sua barca, oltre ai i due leocorni.

Per rientrare in albergo (a 10 km da lì) Marina ha corrotto,
con successo, il proprietario di un minivan facendo leva
sulle "penose" condizioni dei più piccoli.
Sono sicura che quei sedili (a 15 giorni di distanza)
producano ancora molta condensa (e chissà perché associo
quest'immagine alla scena di sesso del Titanic).

Solo la metà di noi si sarebbe trattenuta per i concerti del giorno dopo,
perciò le stanze d'albergo erano solo due.
Ma sono state prese d'assalto da 10 persone
con ancora i chicchi di grandine nelle pieghe degli zaini da smaltire.
Quelli rientrati a casa, a più di due ora di macchina,
sono usciti dall'albergo in mise imbarazzanti
con i pochi indumenti in più prestati da quelli rimasti: short a fiorellini
su canotte da camionista (indossati da un uomo senza neanche più le mutande),
pigiami spacciati per bizzarri twin set, leggins su camice
che avevano "assorbito" i 45° C del viaggio di andata.

Il giorno dopo è andata meglio.
Dopo che ci siamo ricongiunti con Maria Paz (Pachi),
amica argentina partita con noi ma il giorno prima in gita
a Venezia - l'unica con cellulare ancora funzionante,
abbiamo tranquillizzato le famiglie che invece web e TV
avevano terrorizzato senza alcuna pietà.


Ritorna un'afa soffocante.
Nessuna traccia del tifone se non nei titoli dei giornali.
Alle 21.30 esce la band più attesa del giorno: i Black Eyed Peas.
E, puntuale, ritorna la pioggia (e altre sventure).
Ma questa volta "the show CAN go on".


Come il Titanic,
il concerto dei Green Day è affondato.
E ancora non mi rassegno.
Ma ringrazio tutti i miei compagni di viaggio.
È stato il gruppo più eterogeneo in cui mi sia mai imbattuta,
ma anche uno dei più divertenti.
Il saggio Dario ha concluso: "Di certo i ragazzi non se lo scorderanno mai".
E magari un giorno nel faranno un blog.
Sofi, i Green Day ce li andiamo a vedere a Wembley.
Tanto lì piove comunque.

A Bee
Blogk Soundtrack: Green Day, Castaway - Warning.

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